[90min.com]Il Milan del Cavaliere: l’epopea milanista di Berlusconi in 10 tappe

Il colpo di fulmine si concretizzò meno di una settimana dopo San Valentino. Era il 20 febbraio 1986 quando i tifosi del Milan poterono andare a riposare al termine di una delle giornate più lunghe e sportivamente drammatiche della storia. 

Il temuto fallimento di uno dei club più gloriosi d’Italia e del mondo, vincitore di 10 scudetti, 3 Coppe Italia, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe delle Coppe, fu scongiurato grazie alla generosità di Silvio Berlusconi che al culmine di una trattativa estenuante durata 2 mesi concluse l’acquisto dell’Ac Milan dal tribunale fallimentare, dove i libri contabili della società erano stati portati come conseguenza inevitabile di 10 anni di gestioni sofferte, culminate con 2 retrocessioni.

Grazie al fondamentale aiuto di Gianni Nardi, vice-presidente uscente e braccio destro del Cavaliere nel tessere i fili della trattativa, la leggenda poté avere inizio.

1. L’acquisto

Il colpo di fulmine si concretizzò meno di una settimana dopo San Valentino. Era il 20 febbraio 1986 quando i tifosi del Milan poterono andare a riposare al termine di una delle giornate più lunghe e sportivamente drammatiche della storia. 

Il temuto fallimento di uno dei club più gloriosi d’Italia e del mondo, vincitore di 10 scudetti, 3 Coppe Italia, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe delle Coppe, fu scongiurato grazie alla generosità di Silvio Berlusconi che al culmine di una trattativa estenuante durata 2 mesi concluse l’acquisto dell’Ac Milan dal tribunale fallimentare, dove i libri contabili della società erano stati portati come conseguenza inevitabile di 10 anni di gestioni sofferte, culminate con 2 retrocessioni.

Grazie al fondamentale aiuto di Gianni Nardi, vice-presidente uscente e braccio destro del Cavaliere nel tessere i fili della trattativa, la leggenda poté avere inizio.

2. I primi passi

I malpensanti non mancarono fin da subito: Berlusconi, giovane imprenditore sulla cresta dell’onda, self made man con il pallino degli affari e sempre più protagonista della scena mediatica italiana grazie all’ascesa delle televisioni commerciali, acquistò il Milan solo per farsi un nome, sostennero i pessimisti. 

Di più, su sponda interista si raccontò come lo stesso Berlusconi andò vicino a diventare il proprietario dell’Inter durante l’era Fraizzoli. 

Tant’è, i primi passi furono giocoforza difficili a causa della massa debitoria da saldare. Ma la macchina dei successi cominciò subito a mettersi in moto: Berlusconi scelse di affidare la gestione tecnica della società ad Adriano Galliani, ex dirigente del Monza, ma soprattutto persona-chiave nell’ascesa delle reti Fininvest, che a sua volta chiamò Ariedo Braida, ex attaccante proprio del Monza. 

A loro il compito di far capire subito le intenzioni del nuovo corso: e allora ecco gli acquisti di Giovanni Galli, Roberto Donadoni e Daniele Massaro. Dei quali si sentirà parlare…     

Il primo allenatore dell’era Berlusconi fu Nils Liedholm, ereditato dalla precedente gestione. Il calcio del Barone non dispiaceva certo al giovane Silvio, da subito convinto della necessità che il Milan comandasse il gioco, ma come spesso capita in questi casi, i nuovi padroni del vapore amano essere decisionisti. 

Al primo passo falso allora Liedholm fu esonerato e sostituito da Fabio Capello, ex gloria rossonera protagonista di un percorso da manager in Mediolanum, la finanziaria di Berlusconi.  

3. L’era Sacchi: un’intuizione che ha fatto la storia

Vinto lo spareggio contro la Sampdoria per l’accesso alla Coppa Uefa, Capello passa ad allenare la Primavera. Per la guida della prima squadra si punta su un tecnico rampante, l’ideale per una squadra che vuole stupire. 

Da Parma arriva Arrigo Sacchi, che aveva stregato il Cavaliere in una partita di Coppa Italia. Inizia così una delle pagine storiche del calcio italiano e mondiale. Sul mercato le idee sono chiare e portano all’acquisto delle stelle olandesi Ruud Gullit e Marco Van Basten e dell’esperto centrocampista Carlo Ancelotti dalla Roma. 

Dopo un avvio stregato, con ko in campionato e l’eliminazione in Uefa dall’Espanyol, lo spogliatoio si ribella ai metodi del Profeta di Fusignano, maniaco di tattica, pressing e fuorigioco, e ai suoi allenamenti rivoluzionari. 

Prima della decisiva trasferta di Verona la società blinda l’allenatore e la squadra reagisce: un gol di Pietro Paolo Virdis porta i 2 punti e la storia cambia verso. 

La folle rimonta sul Napoli porterà il primo e unico scudetto di una gestione lunga 4 anni, che farà del Milan la squadra più imitata e vincente degli anni ’80: due Coppe Campioni, due Supercoppe Europee, due Intercontinentali non esprimono al meglio lo strapotere della prima squadra italiana capace di spezzare il luogo comune del pallone nostrano tutto difesa e contropiede. 

La finale ’89 contro la Steaua Bucarest e il 5-0 nei quarti al Real spediscono 11 uomini e la loro guida nella leggenda.     

4. L’era Capello: trionfi senza soluzione di continuità

Ma come tutte le cose più belle, la fine è improvvisa. Tante vittorie e i metodi sacchiani logorano il gruppo e il conducente, così nel 1990 l’amaro epilogo della corsa scudetto a favore del Napoli è il segnale che un’era è al capolinea. Complice qualche contrasto con i leader dello spogliatoio, Sacchi accetta la proposta di diventare ct della Nazionale, lasciando quello che sembra un gruppo da ricostruire. Berlusconi e Galliani però hanno le idee chiare e puntano su quel Fabio Capello fatto crescere per 4 anni. 

La stampa specializzata non accredita il Milan della capacità di riaprire un nuovo ciclo e invece ecco un’altra era vincente, per molti ancora più meritevole della prima. In un calcio in evoluzione, che apre a più stranieri, Capello accantona lo spettacolo caro a Sacchi per puntare sulla praticità. 

All’epogeo della popolarità personale ed economica, Berlusconi macina acquisti su acquisti, riempiendosi anche di doppioni, da Baggio Savicevic, da Boban Weah, che rendono meno amaro il lento declino di un Van Basten costretto ad arrendersi alla caviglia dispettosa. il Milan stritola il mercato italiano ed europeo e fa incetta di titoli: tre scudetti consecutivi tra il ’92 e il ’94, il primo dei quali al termine di un campionato senza sconfitte, si uniscono a esaltanti percorsi europei con una sola vittoria, ma storica, il 4-0 di Atene al Barcellona. L’era Capello offusca quella di Sacchi e Berlusconi gongola  

5. Controversie: l’ingresso in politica e due casi scottanti

Senza saperlo, l’epopea berlusconiana avrebbe già raggiunto il proprio punto più alto. I quasi due lustri di trionfi portarono comunque con sé un paio di buchi neri. Il primo è riferito a quanto successe il marzo ’91 al Velodrome di Marsiglia: il Milan gioca la semifinale di Coppa Campioni contro la squadra locale e a 10’ dalla fine la gara è sull’1-0, risultato che costerebbe l’eliminazione al Milan bi-campione in carica. 

Al 90′ un riflettore dello stadio si spegne. La visibilità resta buona, ma Galliani entra in campo ed ordina la ritirata della squadra, convinto di ottenere la vittoria a tavolino

Chi spinse l’ad a quella decisione resterà per sempre un mistero: Berlusconi non l’ha mai rivendicata e anzi questo ha rappresentato il maggior punto di rottura con il dirigente di fiducia, fatto sta che a tavolino vinse l’OM e il Milan fu squalificato per un anno dalle Coppe. 

Un vulnus non rimarginabile, al pari dell’acquisto di Gigi Lentini nell’estate 1992. Al termine di un testa a testa sportivo e politico con la Juventus di Agnelli, l’ala del Torino si veste di rossonero per 18,5 miliardi, cifra record, ma sulla quale gravò l’accusa di aver versato ai granata ulteriori 10 miliardi in nero.

Due anni più tardi, lo storica “discesa in campo” cambia la storia dell’Italia. E, in peggio, del Milan, che si troverà via via privato dello sguardo sicuro del presidente-tifoso.

6. Il primo declino e lo scudetto zaccheroniano

Sul campo, finita l’era Capello, Berlusconi va incontro al primo quadriennio sofferto della propria presidenza. 

L’ingresso in politica del 1994 ha cominciato a distogliere attenzioni e impegno economico dal giocattolo preferito e le conseguenze sono immediate. 

Dalla fallimentare esperimento Tabarez ai nostalgici e deludenti ritorni di Sacchi (’96) e Capello (’97), il Milan crolla fino al 10° e all’11° posto. Per un parziale riscatto serve l’intuizione di Adriano Galliani, che nel 1998 vede in Alberto Zaccheroni il possibile nuovo Sacchi. Romagnoli entrambi ed entrambi nati il 1° aprile, lo scudetto al primo colpo sembra dare ragione all’ad, ma il feeling tra Zac e Berlusconi non nascerà mai. 

Dopo un anno e mezzo scatta l’esonero, cui segue un altro disastroso tentativo straniero con il turco Fatih Terim.     

7. L’era Ancelotti: gli ultimi trionfi

La data successiva da mandare nella storia del Diavolo berlusconiano è il 2 novembre 2001. Un rigore sbagliato da Pippo Inzaghi in casa del Torino al 90’ costa il posto a Terim e pone il presidente di fronte a un bivio. 

Rilanciare o ammainare bandiera. Una cena convince la vecchia bandiera Carlo Ancelotti, a un passo dal ritorno al Parma, a dire sì alla proposta di allenare il Milan. Riaffiorano i ricordi dell’era Sacchi, di cui Carletto fu discepolo come aspirante allenatore, e il Milan modello Fenice rinasce. 

In 5 anni Ancelotti otterrà curiosamente gli stessi titoli di Sacchi, uno scudetto e due Champions League, disponendo di una squadra ancora più forte grazie agli ultimi sforzi del presidente: giocatori come Nesta e Cafu si uniscono a chi già c’era, Shevchenko, Inzaghi e Gattuso, e a completare l’opera sono alcuni scambi fortunati con l’Inter che portano in rossonero Seedorf Pirlo

Il Milan dei piedi buoni domina e incanta in Europa battendo la Juve nella finale tutta italiana del 2003 e il Liverpool ad Atene nel 2007, due anni dopo la beffa di Istanbul.  

8. L’ultimo scudetto

Le alterne fortune in politica di Berlusconi e i problemi giudiziari trasformano in un calvario il secondo decennio di quella che si avvia a diventare la presidenza più longeva del calcio italiano. 

La deludente annata 2008-2009 segna due volte: la fine dell’era Ancelotti e della lunghissima epopea di Paolo Maldini, che a 40 anni lascia un Milan che necessita una profonda ricostruzione. 

Ma l’inatteso trionfo in Champions del 2007, giunto al termine della caotica stagione segnata dallo scandalo Calciopoli che per qualche tempo fece temere la terza retrocessione del club, coincise con l’illusione di poter rinviare l’inevitabile rivoluzione. 

Dopo l’interregno Leonardo, idolo del Berlusconi presidente come giocatore, ma ben presto in rotta di collisione con il patron come tecnico, la palla passa nuovamente a Galliani, sempre più coinvolto direttamente nelle vicende rossonere e deciso a puntare su un altro giovane rampante come Massimiliano Allegri

La scelta paga subito e per la terza volta nella storia del Milan il nuovo allenatore porta subito lo scudetto: l’ottavo tricolore dell’era Berlusconi nel 2011 sarà favorito dagli acquisti di Thiago Silva, Ronaldinho, Robinho e Ibrahimovic, ultime stelle del trentennio.  

9. Il secondo declino

Ma il Milan non fa più tremare il mondo fuori dai confini, le avventure in Champions si arrestano inesorabilmente ai primi veri ostacoli e il resto lo fa lo scarso feeling tra un Berlusconi per la prima volta tentato di vendere il club e Allegri. 

Entrare tra le prime 3 diventa l’obiettivo massimo, ma centrarlo non basta al tecnico livornese, esonerato a metà della quarta stagione con la squadra ai margini della zona retrocessione. 

Un lunghissimo ciclo volge al termine, San Siro si svuota, i tifosi se la prendono con Galliani per non colpire il presidente dei tanti successi dopo che vanno male anche i tentativi disperati con le vecchie bandiere Seedorf Inzaghi, come la terapia d’urto con Sinisa Mihajlovic.  

10. L’addio

Vincenzo Montella sarà allora l’allenatore che legherà il proprio nome alla storica cessione del club. Tramontato il sogno del nuovo stadio al Portello, Berlusconi cede al dolore di separarsi dal gioiello preferito, spinto dalle esigenze di un calcio moderno che vede estinguersi la figura del presidente-benefattore. 

Dopo tante trattative fallite, il 5 agosto 2016 arriva a sorpresa la firma del preliminare d’acquisto da parte di Sino Europe Sports, cordata di imprenditori cinesi ancora da definire che in 100 giorni assicurano una caparra da 100 milioni e promettono, su invito del presidente uscente, investimenti per 400 milioni in 3 anni. 

Tre mesi dopo il 30° anniversario dall’acquisto e 40 giorni prima dell’80° compleanno Silvio scende dalla barca più amata. Forse…     

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